Page 290 - Hrobat Virloget, Katja. 2021. V tišini spomina: "eksodus" in Istra. Koper, Trst: Založba Univerze na Primorskem in Založništvo tržaškega tiska
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mario

più da operai e operaie delle repubbliche meridionali dell’ex Jugoslavia –
dovuto a una mancanza di identificazione; dall’altro può essere collegato
all’emarginazione sociale legata alle cattive condizioni economiche in cui
questi ultimi vivono. Dall’altra parte, invece, l’identità e le memorie degli
italiani sono fortemente ancorate allo scenario urbano materiale che ga-
rantisce loro supporto emotivo e un senso di continuità anche nel nuovo
contesto sociale. Gli italiani si identificano con il patrimonio culturale ve-
neto delle città istriane, motivo per cui è per loro fonte di sofferenza qual-
siasi negazione di tale nesso, al pari dei nuovi interventi urbani e dell’in-
curia in cui versano i nuclei storici cittadini. La demolizione e svalutazione
dell’architettura può essere interpretata come violenza simbolica, un atto
di forza oltre che come negazione dei significanti identitari di tutti coloro
che con essi si identificano. D’altra parte il patrimonio culturale può essere
utilizzato come un grido che infrange la altrimenti taciturna presenza della
minoranza italiana ridotta al silenzio, come avvenuto ad esempio nel caso
della tutela degli antichi cimiteri cittadini, espressione dell’«autoctonia» e
«del primato di residenza sul luogo» degli italiani d’Istria. L’alienazione de-
gli italiani traspare anche dai ricordi nostalgici che narrano di un passato
idilliaco, infranto da una marea di immigrati provenienti da ogni dove.

Se si è consci del fatto che il patrimonio culturale diventa tale solo attra-
verso il processo di patrimonializzazione, quando cioè si attribuisce una
valenza simbolica contemporanea ai residui materiali del passato (Harvey
2001), sorge spontaneo l’interrogativo su cosa significhi oggi patrimonio
culturale per questa variegata società istriana. Anche a tal proposito sono
stati rilevati discorsi antagonisti sul patrimonio culturale giacché, al con-
trario delle aspirazioni dei patrimoni culturali «nazionali», nessuno spazio
di interazione sociale è mai omogeneo o armonico. I discorsi antagonisti
sono emersi con forza al momento delle riqualificazioni dell’architettura
veneta in rapporto alla coloritura delle facciate e ai correlati emotivi che es-
se evocano nella popolazione: da una parte il legame emotivo provato dalla
«vecchia» popolazione, quella italiana, e dall’altra quello nutrito dalla po-
polazione immigrata, slovena (Čebron Lipovec in stampa). Da tali discor-
si a proposito della visione più «corretta» del patrimonio culturale, resta
tuttora esclusa la comunità maggiormente ridotta al silenzio, gli immigra-
ti delle repubbliche meridionali dell’ex Jugoslavia, che seppur stranieri, si
considerano «stranieri in propio».

In Istria l’«esodo» ha lasciato il segno anche sulle (dis)continuità del pa-
trimonio immateriale. Le nuove autorità jugoslave sospesero alcune festi-
vità religiose, come ad esempio sagre e pellegrinaggi cristiani, in Istria co-

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