Page 287 - Hrobat Virloget, Katja. 2021. V tišini spomina: "eksodus" in Istra. Koper, Trst: Založba Univerze na Primorskem in Založništvo tržaškega tiska
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Sommario

tlt non consentiva la progettazione di importanti interventi urbanistici
e così gli immigrati si stabilirono in alloggi vecchi e degradati.

I privilegi tramite i quali le autorità jugoslave cercarono di attirare per-
sone nel «selvaggio West», sono stati uno dei tanti fattori che hanno con-
dizionato il nascere di confini sociali nella rifiorita società istriana. Nono-
stante la comune nazionalità le persone del luogo percepivano gli immigra-
ti come «altri», come privilegiati. L’esistenza di confini sociali tra persone
della stessa nazionalità dimostra quanto sia inadeguata la presupposizione
che l’integrazione sociale dei migranti non sarebbe problematica nel caso
delle migrazioni «co-etniche» (Čapo Žmegač 2010). Considerando che gli
immigrati insediatisi più di sette decadi fa hanno tuttora difficoltà a iden-
tificarsi come istriani, è evidente che tali confini simbolici sono perdurati
fino ai giorni nostri.

D’altro canto in Istria gli immigrati sloveni si sentivano comunque «a
casa propria» e, influenzati dal discorso nazionalista, consideravano fore-
stieri gli italiani d’Istria. Le comunità degli immigrati sloveni e degli italiani
d’Istria vivono così separate, ciascuna trincerata dietro la propria memo-
ria collettiva antagonista. La comunità immigrata slovena in particolare
era anche ignara del complesso passato dell’Istria e condizionata da un di-
scorso nazionale sloveno imperniato sulla vittimizzazione. Interessante il
dato secondo cui la maggior parte di tali immigrati non abbia mai impa-
rato la lingua dell’ambiente sociale, l’italiano, perché all’epoca del loro in-
sediamento la lingua slovena era già del tutto predominante. A differenza
degli immigrati sloveni provenienti dalle zone interne, gli sloveni d’Istria
attribuiscono, invece, le conflittualità in Istria a fattori esterni.

Ai margini della società istriana, gli «ultimi altri», ci sono gli immigrati
più recenti, giunti come forza lavoro dalle repubbliche meridionali dell’ex
Jugoslavia tra gli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso. Questo grup-
po di immigrati rispetto a chi li aveva preceduti e si era già affermato in
società, presenta anche la più rilevante assenza di coesione interna. Gli
italiani autoctoni e i primi immigrati instaurarono nei confronti dei nuo-
vi arrivati un discorso orientalizzante, generando un confine simbolico. E
per quanto in Istria sussista un forte discorso sul multiculturalismo e sulla
convivenza, l’«altro balcanico» ne resta escluso. La spaccatura è evidente
anche nell’auto-percezione di una cultura urbana superiore che si è sentita
invasa dalla cultura «balcanica» «rurale».

A causa di tali sentimenti di superiorità degli istriani, questo gruppo di
immigrati si è sentito escluso dalla società, estraneo o per lo meno in dis-
sonanza cognitiva con il discorso ufficiale jugoslavo che professava «fra-

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